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La parola “futuro” cara a noi diversamente giovani, è stata la molla del nostro percorso di vita. Abbiamo lavorato e continuiamo a lavorare (chi può!); ci siamo sacrificati e sicuramente continueremo a farlo, per dare ai nostri figli una vita migliore della nostra ed ora… Ed ora anche questa parola assume un significato diverso, non vuol dire più slancio, aspettativa, gioia, ma solo ed esclusivamente, precariato, rassegnazione, apatia, solitudine. Ma si può e si deve cambiare, iniziando per primi da noi stessi. Basta uscire dalla logica del potere, dall’individualismo per accorgersi che, questa società, frutto di un’economia mirata alla massimizzazione del profitto, alla ricerca di una crescita continua, ad un consumismo esasperato, al raggiungimento di un PIL sempre maggiore, con il miraggio che, la ricchezza dei pochi possa abbattere le disuguaglianze e le ingiustizie sociali, non fa altro che non farci sentire più il prossimo… Ma così facendo, non consideriamo, che anche noi stessi siamo il prossimo per qualcun’altro e, se la catena si spezza, come di fatto si sta spezzando, quale sarà il futuro? Siamo sicuri che questa economia sia l’unica possibile? Oppure se ne può ipotizzare un’altra che, pur convivendo con lo stato dei fatti attuali, possa proporre un’alternativa? La risposta a questi interrogativi l’abbiamo individuata e realizzata tramite l'Impresa con Finalità Sociale.
Maurizio Bea